martedì 14 agosto 2007

Il razzismo "progressista": una logica rassicurante (per loro)



Dal quaderno n° 2 di Polaris L'immigrazione, a cura di Francesco Amato, Pietro Battistella, Francesco Boco, Paolo Caioli, Maria Teresa Ferazzoli, Andrea Forti, Vincenzo Pino, Augusto Ricci, Adriano Scianca - coordinatore: Gabriele Adinolfi (pp. 12-14).

La guerra tra poveri


Partendo dal presupposto, vero ma falsato, secondo il quale l’immigrato è una vittima dell’ingiustizia capitalistica, gli “esperti” e quelli che decidono in materia di assimilazione, sono riusciti, anche in Italia, a compiere un capolavoro.

Hanno messo in atto ogni misura ufficiale o ufficiosa (ovvero leggi se possibile, o metodi di aggiramento delle regole correnti quando non si possano varare leggi ad hoc) per favorire sistematicamente gli immigrati rispetto agli autoctoni.

Posto che i primi sarebbero vittime nostre (identificazione collettiva nel Moloch) allora diviene giusto che noi si faccia loro largo e si dimostri la nostra totale disponibilità a farci perdonare (sindrome dell’autoflagellazione).

Sicché si offre loro l’assistenza piena e gratuita; e fin qui non subentra alcun disagio sociale; quando però essa è gratuita e ogni italiano, per sottoproletario che sia, paga; quando la priorità negli asili nido, oltre che nell’assistenza medica è sempre la medesima e in uno scenario in cui le famiglie italiane hanno difficoltà enormi a trovar posto per i figli; quando l’assistenza pubblica da una parte è scontata e dall’altra a dir poco tribolata; quando le priorità sulle assegnazioni degli alloggi diventano manifeste, allora inizia una vera e propria guerra fra poveri. Vieppiù comprensibile se si considera che la concorrenza lavorativa (e qui le responsabilità del padronato nella logica capitalista sono manifeste), in uno scenario economico in cui regredisce la produzione e siamo in pieno fenomeno di delocalizzazione delle imprese, contribuisce non poco all’impoverimento ultreriore delle classi lavoratrici.

La genialità dei criteri degli universalisti utopici ha così contribuito a far nascere una guerra tra poveri, rovesciando qui i rapporti di forza esistenti lì.
Ovvero si è fornito privilegio presso di noi agli immigrati a scapito degli autoctoni perché si addebita a questi ultimi la responsabilità del disagio socioeconomico procurato in casa loro dalle Multinazionali.

Quanto sia folle questo ragionamento dovrebbe apparire palese. Intanto — consciamente o, ancor peggio, inconsciamente — é di un ragionamento razzista che si tratta: se sono bianchi i dirigenti delle Multinazionali allora la colpa di tutto è dei bianchi in quanto tali, mentre dalla parte dei non bianchi vi sono solo ragioni e crediti: è questo il ragionamento che viene applicato, non altri.

Di colpo allora scompare la consueta lettura classista del capitalismo che pure è alla base ideologica di quasi tutte quelle organizzazioni e fa improvvisamente posto ad una vera e propria patologia biologista che oltretutto ignora paradossalmente e clamorosamente se stessa. E questo finisce col far pagare due volte il costo dell’odierno sistema alle classi deboli occidentali che, già private di possibilità di produzione e di un futuro lavorativo certo dal sistema multinazionale e dalla politica del Wto, si trovano a dover far fronte in casa propria ad una concorrenza massiccia, completa e soprattutto protetta. E diventano quindi i sottoproletari degli immigrati.
Tanto per cambiare, i geni intellettuali del progressismo, quelli che criticano in modo “scientifico” i rapporti di forza e gli schemi costitutivi del capitale sono riusciti una volta ancora a reiterarli all’infinito, del tutto incapaci di cambiare quella logica che continuano a fotografare e a additare ma che, evidentemente, è per loro insostituibile e rassicurante.

L'immigrazione
(Polaris), pp. 12-14

giovedì 9 agosto 2007

Il Tesoro di Bankitalia ed i piani dei Professori

Siamo arrivati alle tragicomiche. Non bastava il tesoretto adesso si vogliono pappare anche il "Tesorone".Quante clientele si possono blandire con circa 80.000 miliardi di vecchie Lire ?L'alibi del risamamento del debito pubblico è semplicemente risibile.Con la scusa di pagare una quota d'interessi (piccola) del famoso debitone si andrebbero,invece a colmare,e solo in parte, le voragini prodotte con le sottoriforme che questo governo formato da incompetenti ha introdotto.

Tommaso Padoa Schioppa lo sa bene: l'economia è regolata da flussi finanziari positivi e negativi.Tommaso Padoa Schioppa sa benissimo che la vendita dell'oro della Banca d'Italia rappresenterebbe una forte turbativa nei rapporti con la Banca Centrale Europea e con la stessa Unità .Perché ,nonostante il tasso di conversione ,stabilito dal Signor Romano Prodi in un eccesso di servilismo verso i poteri franco-tedeschi ,fu portato a L1936,27 ( invece poteva rimanere fissato a L 1650) fu pattuito con l'esistenza di una riserva aurea che garantiva la circolazione delle Lire in cartamoneta.Quindi l'alienazione della riserva aurea ,per così dire già impegnata per consentire all'Italia l'ingresso nell'area dell'Euro,rappresenterebbe un colpo mortale alla nostra credibilità finanziaria .Questo sotterraneo abbassamento del rating farebbe accanire la speculazione finanziaria internazionale contro i nostri titoli del debito.Infatti quando uno Stato svende la propria riserva aurea dichiara ,generalmente,una situazione di default e di spesa impazzita.

Un'altra considerazione dipinge questa scelta come una assurda follia :il ciclo economico potrebbe cambiare e andare in territorio negativo ,i segnali sono forti ( Sofferenze banche americane,sofferenze par l'export cinese e sovraproduzione ,bassi consumi giapponesi ,ecc.).Privarsi dell'unica riserva spendibile perché certa ( l'oro) rappresenterebbe una totale impossibilità da parte dei governi italiani ( di qualunque coalizione) di dare alcun tipo di garanzia per accordi commerciali,finanziari o prestiti speciali nell'ambito della comunità internazionale.

In questa follia ( giustificata da un imperdonabile sentimento demagogico-ricattatorio nei confronti della stessa coalizione e del Partito Democratico ) tutti perderanno .

Se proprio si deve vendere la riserva aurea io suggerirei al Tesoro di bandire una lotteria con biglietto di 1 Euro,dove i potenziali vincitori sono solo pensionati ,disoccupati e giovani precari.Con un premio fissato dall'esame ,tramite ispezione di guardie comunali,effettivo dello stato di difficolta dei potenziali vincitori.Ci sarebbe così più giustizia sociale e i consumi interni aumenterebbero ,facendo così migliorare l'economia interna.

L'unica ,logica conclusione è sempre la stessa ,il solito grido :-Andate a casa.Portate il Paese nel baratro !Mi piacerebbe che a questa preghiera ,perché di questo si tratta,si unissero anche coloro che ideologicamente hanno eletto e sostenuto questo governo.Questi "nani al potere" stanno rovinando anche coloro che con dignità si dicono comunisti e forse li rovinano più degli altri .Saranno i più deboli a pagare le scellerate scelte di questi incapaci Professori Universitari che non sono buoni neanche alla didattica.Cacciamoli,questi difensori di banche,di grandi industriali,di grandi privilegi.Cacciamoli,miei cari compagni.

Prat

lunedì 6 agosto 2007

Solo l'armatore della nave si salverà

Dal quaderno n° 2 di Polaris L'immigrazione, a cura di Francesco Amato, Pietro Battistella, Francesco Boco, Paolo Caioli, Maria Teresa Ferazzoli, Andrea Forti, Vincenzo Pino, Augusto Ricci, Adriano Scianca - coordinatore: Gabriele Adinolfi (pp. 9-11).

Le cause dell'immigrazione


In che misura è corretto il concetto ricorrente dell'immigrato vittima della nostra opulenza e della nostra cultura che viene da noi per ottenere una compensazione, un po' come una Nemesi che ci presenta il conto?

A spingere gli immigrati verso nord (o verso ovest) sono almeno tre cause.

La fame e la devastazione in casa loro; il mito dell'Eldorado; gli interessi delle organizzazioni di sistema a far prosperare il traffico di uomini.

Questo significa che noi siamo sì responsabili, ma come sistema, come grado evolutivo di sistema, non come civiltà e neppure per nostre particolari colpe storiche.

Un dato per tutti: a metà degli anni Sessanta, ovvero agli albori della cosiddetta "decolonizzazione" l'Africa sopperiva al suo fabbisogno alimentare per il 98%, ora è alla fame. Non è stato il colonialismo ad affamarla, bensì la decolonizzazione. Il che, a scanso di equivoci e prevenendo battute grossolane, non dipende dal fatto che le dirigenze africane sono inette (ché non si sa quante dirigenze europee siano meno corrotte e indolenti di quelle) bensì che la "decolonizzazione" altro non è stata se non una nuova e incontrastata colonizzazione da parte delle Multinazionali che, trasformando radicalmente le colture secondo la loro impietosa logica di produttivismo specialistico e standardizzato, hanno condannato l'Africa alla fame.

Più blanda ma non di certo sostanzialmente diversa è stata la politica applicata ad est, nel blocco post/comunista.

In Africa le Multinazionali hanno potuto imporre la loro svolta di sfruttamento intensivo facendosi forti delle milizie tribali, all'est della mafia e dei neocapitalisti provenienti dalla nomenklatura di partito.
Una ragione per sfuggire all'inferno e giungere in questo Eldorado le masse di nuovi schiavi l'hanno; lì, fino a tanto che non si modificherà il quadro, sono condannati. Qui però l'Eldorado è dopato e non sembra assolutamente in grado di perdurare.

E' evidente che il problema morale che si pone è delicato: chiudere le porte a chi sfugge la desolazione è drammatico; ma è drammatica anche la politica d'accoglienza così come viene concepita ed eseguita; lo è sia in sé, come vedremo, sia perché a furia di appesantire il carico la nave inizia ad affondare, e annegare tutti non è mai stata una buona soluzione.

In particolare quando si sa che l'unico a salvarsi, contrariamente a ogni codice, sarà il comandante della nave, anzi il suo armatore...


L'immigrazione
(Polaris), pp. 9-11